02.3 Noi e gli oggetti

Un Nuovo Mondo di Eckhart Tolle

Tratto dal capitolo 2, pagine 39 – 41

Appunti di Katia Toninelli

Chi vende pubblicità sa benissimo che non vende solamente l’oggetto in qualità di bisogno o di funzione, ma vende qualcosa che “valorizza la nostra identità”. Proprio per questo vengono usati, per la promozione della maggior parte dei prodotti, personaggi famosi, attraenti, giovani, con un aspetto felice.
Il messaggio implicito è che se io comprerò quel prodotto diventerò come loro. Le cose hanno a che fare con il contenuto, mentre l’identificazione inconscia è strutturale. I prodotti firmati sono principalmente identità collettive in cui investiamo.

Paradossalmente quello che fa andare avanti “l’industria del consumo” è che il tentativo di trovare se stessi attraverso delle cose, è fallimentare. Il nostro ego infatti non trova una grande soddisfazione, se non momentanea, per cui ci apprestiamo subito a comprare qualcos’altro.
È chiaro che abbiamo bisogno di vestiti, mobili, di una casa, della macchina, non possiamo però onorare (ogni cosa è essenza e non va disprezzata) veramente le cose se le usiamo per auto-esaltazione, cioè se cerchiamo di trovare noi stessi attraverso esse.

La nostra società dei consumi e la struttura economica nella quale viviamo si basa proprio sull’identificazione dell’ego con le cose e sul attaccamento che abbiamo per esse. Quella che sembra essere l’unica misura del progresso, cioè l’avere sempre di più e la corsa incontrollata ad una crescita senza fine, è in realtà una disfunzione, una malattia.
La maggior parte della gente ha un eccessiva preoccupazione per le cose, ed è proprio questo uno dei motivi per cui abbiamo una proliferazione di oggetti. Se non riusciamo a sentire la vita che c’è in noi, probabilmente avremo bisogno di riempirla sempre di più di cose. Dovremmo invece cercare di essere onesti e sinceri con noi stessi nell’esaminare quale valore ci attribuiamo, e se questo valore deriva da ciò che possediamo.

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